Napoli, un viaggio inatteso

Foto di Giulia Marotta da Pixabay

Un viaggio non è mai inatteso. Di solito lo si prepara prima. Con cura e attenzione. Oppure senza pensare troppo ai preparativi, raccogliendo quelle poche cose che servono.

Il mio viaggio a Napoli di oggi è nato una settimana fa, quando ho ricevuto la telefonata del mio capo che mi dice: “Mercoledì vai a Napoli!”

Bellissimo. Io Napoli l’adoro. È una città che sento viva, che quando arrivo in auto, dal Vomero, e me la ritrovo improvvisamente davanti, distesa e avvolta da quel fascino particolare che solo Napoli ha, non riesco a trattenere le lacrime. Un po’ come quando guardo un film che parla di nonni e nipoti, o quando un italiano vince una gara importante, o quando osservo immagini terribili di guerre, malattie, stermini, ingiustizie di qualsiasi tipo e che il mio cuore non vorrebbe vedere.

Le cose belle e le cose brutte. Emozioni contrastanti e profondamente diverse.

Torniamo a Napoli.

Una settimana fa ho scoperto che avrei fatto un viaggio a Napoli, da sola. E che avrei incontrato un numero considerevole di clienti. Ai quali avrei spiegato tutte le operazioni da fare per portare a termine il nuovo progetto. Quello per il quale ho un titolo che non nomino e che mi mette in imbarazzo. Ma che MI PIACE fare. In cosa consiste il mio lavoro non lo so neanche io; quello che so è che devo svolgere una serie di attività rivolte al cliente, mio stakeholder principale (ecco un’altra bella parolona che significa, appunto, “cliente” o “fruitore del progetto”, “destinatario”).

Sarebbe stato meglio dormire in albergo una notte e vivere una giornata fuori casa senza dovermi svegliare alle quattro di mattina, correre per non perdere il treno (i treni!!), poi taxi, parlare coi clienti, pranzare e alle 16.30 riprendere il Freccia Argento per arrivare a casa alle 22.30. Ma sono tornata da poco da un tour di 3 giorni in giro per lo Stivale (Milano e Roma on the rails!!), per cui ho preferito ammazzarmi in una botta sola.

Un viaggio di corsa, sarebbe un titolo più appropriato per questo post. Oppure un viaggio di corsa dietro ai treni, visto che ormai è il mio mezzo di trasporto preferito.

Il rammarico più grande è che oggi, come sempre accade nei viaggi di lavoro, di Napoli non vedrò praticamente nulla, a parte la stazione, il taxi e l’hotel. Niente Vesuvio, né Santa Lucia o Castel dell’Ovo.  Vedrò la gente, le strade, le case e respirerò quell’aria che mi emoziona.

E che ci posso fare se mi fa così. Napoli è anema e core.

P.S. si postano i Post Scriptum nei post? Volevo dire che il mio inglese è puramente indicativo, dato che la mia unica esperienza di inglese l’ho avuta alle scuole medie e superiori, con professori che preferivano leggere il giornale o svolgere esercizi banali, anziché chiacchierare con noi in inglese!

2 risposte a “Napoli, un viaggio inatteso”

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