Confessioni di una maschera

Ho deciso da qualche giorno, d’accordo con la mia agente, di lavorare a Viola Rossa, chi lo conosce sa a cosa mi riferisco, io lo chiamo la mia perla.

Al di là dei contenuti, del significato e di quello che può lasciare come eredità ad un suo possibile, futuro lettore, Viola Rossa per me ha un valore molto particolare.

È nato per scherzo, come laboratorio di scrittura. Volevo dimostrare a me stessa a quale tappa del mio cammino fossi arrivata. Capire se gli anni di scritture sbagliate, lezioni, letture e cancellazioni avevano maturato il frutto.

La maggior parte di quelli che scrivono hanno iniziato scrivendo malissimo, tanti ancora ne leggo, in pochi esiste un vero talento che non abbia bisogno di un confronto o di una critica che arricchisca la qualità di quello che lo scrittore produce.

Fino a che non ho ricevuto vere critiche, da veri scrittori o addetti ai lavori, ho girato attorno ad un pozzo senza allontanarmi mai.

Il talento è insito nella passione, più questa è forte, più lo scrittore riesce ad allontanarsi dal pozzo.

Considerarsi scrittori significa avere pubblicato, venduto, ricevuto critiche, presentato libri, essersi affermato nel mondo di coloro che scrivono ed avere visibilità. Fino ad allora, mi considero solo un’appassionata di scrittura e di veri e buoni libri da leggere.

Scrissi Viola Rossa qualche anno fa, in un mese esatto, convinta di dimostrare a me stessa che ero cresciuta di qualche centimetro. L’esperienza che per me ha reso immenso questo racconto è la contemporanea lettura che feci in quegli stessi giorni di Confessioni di una maschera di Yukio Mishima. Leggevo e scrivevo; rileggevo e correggevo; cancellavo e riscrivevo. Ed ogni volta Viola Rossa mi sembrava sempre più bella.

Do la colpa a Y. Mishima se mi sono innamorata così tanto del mio racconto, una storia erotica completamente avulsa dal mio modo di scrivere.

L’esperienza che feci allora non sono più riuscita a replicarla, e non so nemmeno se sia reale o solo una mia fantasia. Quello di cui sono convinta (e che è certo) è che Mishima influenzò così tanto il mio modo di scrivere che non penso sarei capace di scrivere di nuovo così.

Ora ho deciso di revisionare Viola Rossa, truccarle il volto e vestirla con abiti regali. Lavorerò al testo cercando di dare un seguito alla storia di Violet e non con facilità. Non sarà semplice rientrare nella sintonia di quei giorni, in quell’atmosfera. Dovrò chiedere aiuto a Yukio? Rileggere il suo Confessioni di una maschera per ritrovare il clima? O basterà rientrare nella vita di Violet e lasciarmi prendere la mano?

Una cosa ho capito da quell’esperienza: le nostre letture ci trasformano, cambiano il nostro modo di essere, di vivere, di amare, ma ancora di più cambiano il nostro modo di scrivere.

Ps.A proposito! Leggete Confessioni di una maschera, dopo non sarete più gli stessi!

6 risposte a “Confessioni di una maschera”

  1. L’ho letto eppure non mi ha detto molto… però magari dipendeva dal momento;
    mentre sono curioso del tuo racconto.

  2. Ogni libro dipende dal momento e, sono convinta, molti libri li leggiamo in quello sbagliato. Sono una sostenitrice del “è il libro che sceglie il lettore” e non il contrario. Per questo non riesco a leggere libri che ho scelto ma adoro quelli che hanno scelto me.

  3. Riparto da qui, nella lettura intendo. Ho iniziato a leggerli tutti e due. Credo sia giusto leggerli insieme o meglio uno dopo l’altro.

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