L’ora del tè; chiacchierando in salotto con Carla Casazza

Oggi incontriamo Carla Casazza, giornalista, agente letterario, editor, esperta in social media e comunicazione e direttrice della collana OLOS per Antonio Tombolini Editore.
Carla ha al suo attivo alcune pubblicazioni di saggi importanti come Montecuccoli 1937-38. Viaggio in Estremo Oriente (Bacchilega Editore), Governo ed amministrazione ad Imola nella prima età moderna (ormai esaurito), Agente letterario 3.0 Reloaded (Errant Editions), l’antologia di racconti Scritto sull’acqua (Narcissus Self Publishing) e Pane, marmellata e tè (Edizioni del Loggione). Collabora con Critica Letteraria, Bookavenue e Il Colophon.
Carla è di origine veneta ma romagnola di adozione e, come dice lei stessa, nel cuore.
La scrittura, i libri e quello che passa attraverso la parola scritta sono una parte fondamentale della sua vita, come ci racconterà lei stessa.

Benvenuta Carla nel mio salotto, per me è un’emozione averti qui. So che ami gli infusi e i tè. Cosa posso offrirti mentre chiacchieriamo?
Un Earl Grey rigorosamente “liscio”.

Molto bene. Se sei pronta, iniziamo la nostra chiacchierata.
Prontissima.

A che età hai iniziato a scrivere?
Sette anni (e ho vinto il mio primo concorso letterario nazionale scolastico a otto).

Quali sono, se ne hai, le tue manie quando scrivi?
Non ne ho, a parte il fatto che ODIO chi sbircia nel mio pc o nel quaderno.

Il luogo in cui preferisci ambientare le tue storie?
Ovunque, basta che il luogo colpisca la mia immaginazione.

Il libro più bello che hai letto?
Difficile sceglierne uno. Negli ultimi anni “Questo bacio vada al mondo interno” di Colum McCann.

Il luogo più strano in cui scrivi?
Scrivo dappertutto: a casa, in treno, in auto, in aercarla1eo, nei caffè, su una panchina, ho scritto anche seduta sul sedile della moto… dipende cosa intendiamo per strano.

Sbirciando un po’ nel tuo bagaglio di referenze ho trovato molte cose interessanti:
agente letteraria, scrittrice, editor, direttrice di collana… È come se tutte le sfaccettature del mondo della scrittura, in te trovassero un centro. Penso, nel mio piccolo, a quanta fatica occorre per programmare un romanzo, scriverlo, promuoverlo, tenere un blog per aumentare la visibilità, ecc. Ed immagino la tua, di fatica, a fare collimare più esigenze diverse, tue e di altri. Inoltre curi diversi blog, recensisci libri, partecipi a gruppi di lettura, presenti libri… Insomma, hai una professionalità poliedrica.
La mia curiosità è: di tutte le attività che svolgi, quali ti hanno maggiormente aiutato nella tua carriera di scrittrice? Hanno influito in modo positivo oppure alcune sono state di intralcio?
Il tuo lavoro, ovviamente, ti impone di leggere molti libri. Facendo un calcolo approssimativo, quanti ne leggi in un anno?
Devo essere sincera al 100%? Dopo avere trascorso la giornata lavorativa a scrivere, promuovere, editare, ecc. gli altri autori, della mia vena creativa e della voglia di fare lo stesso per i miei progetti letterari resta molto molto poco. Anche perché spesso mi capita di lavorare fino a tardi. Tutto ciò quindi va a discapito della mia attività come scrittrice, della promozione dei miei libri, ecc. E non ti nascondo che sto facendo delle attente riflessioni sulla questione.
Quanti libri leggo in un anno tra quelli “per diletto” e quelli “per lavoro”? Circa 200 direi.

Certo che devi essere sincera. Mi piace parlare in modo diretto con le persone che incontro. È un po’ nella mia natura ed apprezzo chi lo è. Il tempo per la scrittura è tempo che va tolto a tutto il resto e spesso è la scrittura che ne soffre. Lo stesso vale per la promozione, le presentazioni. Ti capisco perché so cosa significa.
Con te vorrei affrontare un argomento che mi sta a cuore. Poi parleremo anche dei tuoi libri.
Tu leggi circa 200 libri ogni anno. Un numero notevole. Li leggi perché il tuo mestiere ovviamente lo richiede.
Parlando con Carla scrittrice mi piacerebbe avere una tua opinione sulla necessità di leggere per poter poi scrivere. Mi spiego meglio. Per scrivere è fondamentale leggere. Più libri si leggono più la scrittura si arricchisce, decolla. So anche che molti autori non leggono o leggono poco.
Quanto è importante invece la lettura per uno scrittore? È preferibile leggere un certo genere di libri o qualsiasi pagina scritta è adatta allo scopo? E infine, la lettura di libri di altri autori che uno scrittore fa, può condizionare il suo stile? Oppure migliorarlo?
Secondo me per uno scrittore la lettura è fondamentale.
Prima di tutto per i motivi più scontati, quelli per i quali la lettura è importante per tutti: sviluppa il senso critico, aiuta ad avere un punto di vista più ampio e obiettivo, mantiene vivo il cervello, spalanca nuovi orizzonti, ecc. Se una persona che si definisce scrittore non legge come può essere in grado di valutare ciò che ha scritto? Per valutare occorre essere in grado di confrontare il proprio lavoro con gli standard, con il resto della letteratura.
Inoltre leggere ci fa apprezzare (o detestare) strutture e stili narrativi diversi, ci mette di fronte a scritture di tutti i tipi che sentiremo più o meno congeniali alla nostra sensibilità. E anche leggere brutti libri (o quelli che noi riteniamo tali) può essere utile, per stabilire cosa proprio non ci piace, gli errori in cui non vogliamo cadere.
Non credo che la lettura possa condizionare il nostro stile, perché in ciò che scriviamo mettiamo sempre la nostra personalità. Piuttosto credo che sia ciò che ci piace che possa influenzarci. Mi spiego: io amo molto la scrittura asciutta, diretta, frasi brevi, poche leziosità. E infatti leggo molti autori nord europei, spesso accomunati da queste caratteristiche. Non amo molto i periodi lunghi, le descrizioni troppo ricche, le parole “barocche”, certi stili di autori sudamericani o mediterranei che mi paiono ridondanti. Quando scrivo, lo so, sono molto sintetica, essenziale. Ma certo la mia scrittura non è una copia dei miei autori preferiti. Forse la summa di tutti? O forse è solo la scrittura di Carla a cui piacciono le frasi brevi e poco leziose.
Certamente se leggiamo buoni libri miglioriamo la nostra scrittura.

Penso che tu ci abbia fornito un punto di vista molto interessante da cui osservare la nostra scrittura: ciò che ci piace influenza il nostro stile. Un punto di vista che non avevo mai considerato, su cui mi trovi molto d’accordo. Penso non solo ai libri che leggiamo ma anche a ciò che accade mentre viviamo e che spesso traduciamo in storie. Mi spiego e ti chiedo.
Una storia deve essere credibile o, per lo meno, coinvolgermi a tal punto da farmi accettare qualsiasi scelta dell’autore (mi vengono in mente almeno una decina di romanzi in cui mi sono stupita di ciò che accadeva ma ho accettato) tanto che è consigliabile che lo scrittore scriva di ciò che conosce bene. Nella tua esperienza di vita da scrittrice ti accade spesso di visitare luoghi, incontrare persone, vivere situazioni che poi diventano materia prima per le tue storie? Quanto di reale c’è nei tuoi racconti e quanto invece è frutto della tua fantasia?
Mi accade di continuo! Anzi, devo fissarmi dei paletti da sola perché grazie a luoghi, persone, vicende, conversazioni che mi ispirano ho già raccolto tante di quelle idee per altrettanti romanzi e racconti che non so se riuscirò a scriverli tutti in questa vita. C’è da dire però che sono anche molto critica. Tutte le idee di cui sopra me le appunto in un taccuino speciale, ma ogni tanto le rileggo e quelle che non mi convincono più le elimino.
Direi che la percentuale di reale e immaginario nelle mie storie è 50 e 50. Ma di solito la scintilla originale, quella da cui poi nasce la fase creativa, ha origine sempre nel reale.

carla2

Capisco bene cosa intendi. A volte anche camminando semplicemente per strada, la scintilla creativa che darà vita ad una storia può accendersi. Quando meno te lo aspetti.
Parliamo ora dei tuoi libri. Io ho letto sia Scritto sull’acqua che Pane, marmellata e tè. Il primo è una raccolta di racconti, mentre il secondo è un giallo-rosa che contiene tre avventure della simpatica Beatrice. Si tratta di storie brevi che nulla hanno da invidiare a romanzi più articolati. Personalmente trovo molto invitante la scrittura delle short story e devo dire che non è per niente facile scrivere condensando la storia.
Quando hai progettato Pane, marmellata e tè l’hai pensato con una struttura a racconti fin dall’inizio oppure hai valutato anche l’ipotesi del romanzo? I tre episodi di Beatrice possono essere considerati dei racconti lunghi, contengono diversi personaggi, hanno un andamento che ricorda molto il romanzo, ma per necessità narrativa prevedono molte delle caratteristiche di una short story: puntare l’occhio di bue su uno o pochi eventi in particolare, concentrarsi solo su alcuni dettagli, non dilungarsi nelle descrizioni. Alla luce di tutto questo, a tuo parere, è più facile scrivere un racconto rispetto ad un romanzo, o viceversa?
Pane, marmellata e tè è nato proprio con l’intenzione di proporre tre racconti legati tra di loro ma che allo stesso tempo siano episodi autoconclusivi. E infatti sono stati “costruiti” secondo questa esigenza.
Secondo me è più difficile scrivere un racconto, perché hai un minore “spazio di manovra” rispetto al romanzo: hai a disposizione meno pagine per delineare i personaggi, fare entrare il lettore nella storia, creare l’atmosfera che lo catturi. C’è da dire però che vengo da oltre vent’anni di giornalismo e sono quindi abituata a dovere esprimere molto in poche righe. I miei prossimi progetti, comunque, sono relativi ad alcuni romanzi piuttosto articolati, quindi ti saprò dire fra qualche mese se confermerò questa mia teoria o meno.

Ovviamente siamo curiosissimi dei tuoi futuri progetti, ma per scaramanzia non ti chiederò di cosa si tratta. Ne parleremo quando sarai pronta a svelarli.
Fra le tue pubblicazioni abbiamo citato alcuni saggi storici, fra cui Montecuccoli 1937-38. Viaggio in Estremo Oriente, pubblicato da Bacchilega Editore, la cronaca del viaggio dell’incrociatore Raimondo Montecuccoli, che partì da Napoli alla volta di Shanghai, in aiuto alla popolazione cinese. Il tuo è stato un importante lavoro di ricostruzione storica, che credo sia stato anche emozionante, visto che quel viaggio ha riguardato in qualche modo la tua famiglia. Ce ne vuoi parlare? Cosa ha significato per te scrivere questo libro? Quali sensazioni ha suscitato in Carla?
Con questa domanda avremmo finito la nostra intervista, ma di cose da chiederti ce ne sarebbero ancora tante. Possiamo ridarci appuntamento fra qualche mese, quando avrai qualche notizia in più da fornirci sui tuoi progetti futuri?
Però ho altre due curiosità (ed a questo punto non solo io). Tu vivi per scrivere e scrivi per vivere, una vita dedicata alla scrittura, ai libri, alla scoperta di autori esordienti e di novità letterarie. Quali sono le altre passioni di Carla, quelle che non riguardano libri e circondario?
E poi, se dovessi scegliere una fra le tante sfumature delle tue attività professionali (scrittrice, agente, editor, giornalista…) quale preferiresti esercitare per la vita?
Montecuccoli 1937-38. Viaggio in Estremo Oriente per me ha un grandissimo significato affettivo perché uno dei membri dell’equipaggio era mio nonno materno, Aroldo Sabbadin: i suoi racconti mi hanno affascinato fin da quando ero piccola e averli raccolti in un libro è come preservare la sua memoria ora che non c’è più. Ma è stata anche una importante operazione di ricerca perché questo episodio della storia della Marina Italiana è sconosciuto a molti e invece si è trattato di un evento significativo: la prima missione di pace della nostra Marina durante la quale sono state salvate migliaia di persone, occidentali ma soprattutto cinesi di Shanghai (la missione è stata svolta durante la guerra cino-giapponese). Oltre alle testimonianze di mio nonno ho raccolto quelle di altri membri allora ancora in vita dell’equipaggio: è stato come fare un commovente viaggio nel passato perché questi anziani marinai ricordavano nitidamente tutto e raccontavano la loro avventura con emozione. Nei loro occhi che brillavano ho rivisto i giovani sottufficiali del 1937.  Si è trattato comunque anche di una ricostruzione storica importante perché esistono pochissime informazioni in italiano sulla missione: in dieci anni ho raccolto materiale soprattutto in lingua inglese (articoli di giornale, diari e reportage, saggi storici) e sono riuscita a ricostruire spero al meglio la vicenda. Ma la cosa che mi ha reso più felice è che da quando è uscito il libro, dieci anni fa, ricevo regolarmente mail di parenti di ex membri dell’equipaggio che mi mandano immagini, memorie, ecc. Oppure semplicemente mi ringraziano per averlo scritto. Ho ricevuto email dalla Svezia, da Pechino, dal Canada, dagli USA. Tutto questo mi emoziona e avrei voluto poterlo condividere con mio nonno. Sto pensando a una seconda edizione del libro arricchita da tutto il materiale che mi è stato inviato in questi anni.
Rispondendo alle altre tue domande… certamente quando avrò novità interessanti sui miei nuovi progetti ti farò sapere.
Quali sono le mie passioni al di fuori dei libri e della scrittura?
Amo viaggiare, il fai da te (uncinetto, punto croce, cucito, creazioni con la carta o le perline), quando ho l’ispirazione giusta cucino.
Se potessi scegliere una sola delle mie attività professionali? Scrittrice, senza alcuna esitazione!

Sentirti parlare della tua esperienza di ricerca e scrittura di Montecuccoli e dell’effetto che sta suscitando in coloro che hanno partecipato alla missione e nei loro parenti emoziona un po’ tutti noi ed io credo che questo sia un libro da leggere e consigliare. Io per prima lo leggerò al più presto.
Grazie Carla per averci dedicato il tuo tempo e per avere condiviso con noi le tue passioni e qualche tuo piccolo segreto. Ti aspetto di nuovo nel mio salotto!

 

 

 

Mi piacerebbe conoscere la tua opinione. Lascia un commento qui sotto e torna a trovarmi ancora!

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: