OGNUNO DI NOI HA VISSUTO QUALCOSA CHE L’HA CAMBIATO PER
SEMPRE (A. Merini)
Ironia del destino che io abbia condiviso ieri questa
citazione e che oggi sia l’anniversario di quel “qualcosa” che mi ha cambiata
per sempre. Come fosse ora. Seduta di fronte al mio responsabile di allora,
assistevo a quella che sarebbe stata la “mia nuova vita”. Attonita.
Come fai ad avere parole da dire in certi momenti? Come fai
a capire ciò che il tuo cervello non riesce a incasellare? Ti rimane una sola
domanda alla quale ancora non hai una risposta: perché?
Da quel giorno è stato un saliscendi. Di emozioni. Di
sentimenti contrastanti e insoliti per me. Di mancanza di punti di riferimento.
Di assenza d’aria, certezze, sicurezze. Quelle che non avevo più.
Dopo due anni sono cambiate tantissime cose e se mi volto
indietro rivivo tutto, il brutto e il bello di un periodo nero.
Citai una frase, un anno fa: LA VITA NON È ASPETTARE CHE
PASSI LA TEMPESTA, MA IMPARARE A BALLARE SOTTO LA PIOGGIA. E sotto la pioggia
succede che ti bagni e le lacrime si mescolano all’acqua oppure ridi come non
mai per l’ironia della sorte che questa volta ha nominato proprio te. Alla
faccia dell’ironia!
Di sicuro non ridevo quando mi facevo scudo per le mie
persone, le rassicuravo, con una parola, una carezza, un sorriso, quando le
ascoltavo o le proteggevo il più possibile, evitando che il fulmine cadesse
sopra di loro. Fino alla fine. Quando invece la saetta ha colpito me.
È il sorriso la maschera che mi ritrovo a indossare più
spesso, perché nessuno ha voglia di un cuore rotto, un’anima alla deriva e un
capo, mamma, figlia, moglie, amica con la vita frantumata e nulla più da dare.
Ho sempre dato, questa è la realtà, e in qualche modo devo continuare a farlo.
A volte fingo, a volte non riesco e sfogo tutto quello che ho.
La verità è che senza risposte non si arriva mai alla fine del cerchio. Provo a
cercarle, inseguo le persone giuste, provo a estrarre il coniglio dal cilindro,
ma quello di cui ho bisogno non c’è. Quello che ho capito, poi, è che quella
risposta che non arriva è l’unica, vera risposta. Perché una risposta, a tutto
questo, NON c’è.
La vita cambia radicalmente. Tutto si stravolge. E io sono
sotto la pioggia, aggrappata ai ricordi e fradicia di dolore.
Quando ti dicono che tu sei quello che la vita ha fatto di
te, un concentrato di esperienza, bei ricordi e sofferenza, credici! E credici
anche quando qualcuno ti guarda con gli occhi che si illuminano, perché dietro
quel velo ci sono immagini meravigliose, sorrisi sinceri e mani che si
stringono. Più una ricca dose di incazzature,
mal di pancia, depressioni e voglia di spaccare il mondo.
In questi due anni è successo di tutto, ho ballato in mezzo alla tempesta alla ricerca di un bellissimo sole e forse l’ho trovato per davvero, ma quel “qualcosa” accaduto due anni esatti fa mi ha cambiata radicalmente per sempre. E ne sono felice.
“La verità è che non sei distante abbastanza”, l’ultimo romanzo o racconto come vogliamo chiamarlo di Chiara Parenti, conferma a pieni voti la capacità dell’autrice di descrivere con una scrittura lineare, semplice e coinvolgente, una realtà complessa, ridicola e angosciante come quella in cui Elena e Lorenzo sono obbligati a restare chiusi in casa a causa di una pandemia, nella drammatica situazione in cui lui ha tradito lei e glielo ha detto pochi giorni prima della chiusura delle porte. Il caso è assolutamente reale e ripercorre fedelmente il periodo che abbiamo vissuto da inizio 2020 fino alla fase 2, “liberi quasi tutti”, di cui siamo stati spettatori ma anche attori protagonisti. Elena vive il lockdown nell’angoscia più assoluta, in piena crisi ipocondriaca e assassina (nei confronti di Lorenzo), ovvio. Il tutto è condito dalla scrittura ironica di Chiara che non smorza la gravità delle situazioni, condisce tutto con il sorriso e, perché no, qualche piacevole risata che non guasta mai, soprattutto nei momenti di crisi. Lorenzo, dal canto suo, accetta la situazione con maggiore realismo e trova un modo per sfruttare il momento inventandosi un impegno che lo porta a uscire di casa tutti i giorni per non morire di noia sul divano e facendo saltare le rotelle a Elena. La storia si snoda tra eventi ridicoli e drammatici e, anche se ci si aspetta un certo tipo di finale, la bellezza di questo libro non è il traguardo bensì il viaggio. Le parole descrivono le situazioni con così tanta grazia e luminosità che ogni capitolo è una lettura piacevole. Anche se la storia si basa su un fatto grave che abbiamo vissuto in cui ognuno di noi si riconoscerà e, in molti casi con epiloghi purtroppo nefasti, Chiara riesce a colorare a pastello ogni momento della vita di Elena e Lorenzo di cui ovviamente non svelo altro e che sarà una buona lettura da compagnia. Grazie a Chiara per averci regalato un altro gioiello; non è il suo primo che leggo e credo proprio di poter affermare che l’autrice migliori con l’età, come un vino stagionato da diversi anni. Se ti va di conoscerla meglio, trovi qui sotto l’intervista che feci a Chiara tempo fa.
Avete mai guardato allo specchio la vostra Autostima? Sapete che volto ha? Premetto: parlo solo per esperienza personale.
Quando nasciamo non sappiamo cosa sia l’Autostima e, senza che nessuno ce lo insegni, la costruiamo o la distruggiamo in funzione delle dinamiche che viviamo. L’Autostima è la somma dei riconoscimenti ricevuti, delle critiche costruttive, dei complimenti, dei denti rotti e dell’anima spezzata. Prima o poi devi farci i conti. Durante la scuola spesso capita di sentirsi inadeguati o la difficoltà di superare un esame diventa invalidante. La stessa cosa nella vita adulta: i riconoscimenti che riceviamo, negativi o positivi, sono cicatrici indelebili. Restano incise sulla pelle. Segni eterni che non vanno via, come una smagliatura. Strappi nell’anima difficili da ricucire. Io mi chiedo, ogni giorno, se le persone si rendono conto dei danni che provocano quando si rapportano con gli altri. Si fa un gran parlare di empatia, di comprensione, il web è pieno di articoli, post, documenti che parlano di counseling, psicologia e poi ci perdiamo in un bicchiere d’acqua: il rapporto quotidiano. Parlo perché ho sofferto e se ci penso ancora oggi gli occhi si riempiono di rabbia, di quella delusione amara che resta appiccicata addosso e si trasforma nei peggiori sentimenti, quelli che non sapevi nemmeno esistessero. E allora diventi rancorosa, adirata, sospettosa, chiusa, vendicativa, bisognosa di ricevere un sorriso, quello che hai perso da tempo e non sai più ritrovare, quella voglia di ridere e divertirti e sperare che arrivi presto lunedì per entrare in ufficio dalle persone che ami e che ormai è solo un lontano ricordo. Parlo perché un giorno qualcuno mi disse che non avevo Autostima. La voglio scrivere con la A maiuscola. E poi me lo disse anche coi fatti. Il messaggio era più o meno questo: ti butto via perché non vali o non mi servi. E tu, che l’Autostima l’hai cullata in mezzo al mare in tempesta, quando arriva l’onda lunga ti butti giù e bevi. Bevi. Bevi. E speri solo sia un incubo, un brutto sogno da cancellare al risveglio. No! È realtà. Un roccia dura da sgretolare con le unghie ogni giorno. Quando sei sott’acqua pensi non ci sia nessuno o nulla che possa salvarti. Sei lì, alla fine di una vita stupenda e complicata, con il nulla in mano. Sola con gli scheletri: ricordi bellissimi e travolgenti. Mai stati più belli di così. Il sapore dei ricordi può essere amaro. E quando diventa amaro non hai più scampo. Ci muori dentro. Bene! Ma la vita non finisce così e la medicina è una sola. UNA SOLA!! Il sogno che hai chiuso nel cassetto quarant’anni prima. Quel sogno che ti sbriciola dentro, ti rigenera, ti fa sentire euforica, cancella le maschere attorno a te, rigenera la fiducia, dipinge a colori accesi, polverizza i ricordi brutti, ti riempie di dubbi, di “ce la faccio”, di “cazzo, è dura”, di alzatacce, sonno, voglia di riposare, ma vai avanti!! È il boccaglio che qualcuno ti passa mentre sei sott’acqua, quella mano che ti tira su a respirare ossigeno. Cos’è? La so definire solo con una parola: Amore. Per quello che sei, che vivi e fai. È amore per un sogno che coltivi da tempo e finalmente ce l’hai in mano. Per la possibilità di dimostrare a te stessa che hai le palle sotto la gonna. E perché finalmente hai fatto il passo che ti ha allontanata dalle maschere con cui hai vissuto per anni. E alla fine devi ringraziare proprio quelle persone che hanno tentato di distruggere l’unica parte dell’anima che aveva bisogno di coccole, senza riuscirci, e perché grazie a loro hai capito che l’Autostima ce l’hai e se la potessimo misurare peserebbe TRENTA tonnellate!
Abbandono per un attimo i miei studi di Filosofia olistica per parlarti di un libro adatto al periodo particolare in cui viviamo. Camminare sull’acqua di Lorenza Ravaglia è un romance non troppo romance in cui la protagonista si trova costretta, per motivi che non sveliamo, a un drastico cambio di abitudini. Ti ricorda qualcosa? Inoltre, proprio di questi giorni è la tendenza a ironizzare per alleggerire tensione, paura, fobia e in questo la prosa geniale di Lorenza con quella punta di ironia pronta a sorprenderci, ci viene in aiuto.
Giulia, Pietro, la Patty, Fabio, e poi Lara, Caterina,
Roberta sono i personaggi di una commedia esilarante tratteggiata da uno stile ironico
che la rende spassosa, invitante e appiccicosa (nel senso che non la lasci fino
a che non sei arrivata in fondo: qualità non da poco).
Camminare sull’acqua è la dimostrazione che nella
vita si possono raggiungere traguardi che sembrano impossibili. Quando la vita
cambia rotta di colpo e ti costringe a una brusca virata, hai solo due cose da
fare: soccombere o rimboccarti le maniche e affrontare la sfida.
Giulia, avviluppata a un ingranaggio inarrestabile fatto di
casa-lavoro-lavoro-casa, si ritrova a prendere una decisione che le cambierà
completamente la vita. Abbandona il lavoro e il marito e, obbligata dalla nuova
situazione, si inventa un nuovo mestiere mettendo a frutto le conoscenze e le
competenze acquisite negli anni. Si trasforma in una consulente molto
particolare (niente spoiler, please!) e lasciando tutti di stucco raccoglie un
discreto numero di clienti.
Tra il nuovo lavoro, la scuola di salsa, un nuovo corteggiatore
e la pancia che lievita, Giulia riparte con uno slancio che non credeva di avere.
Ogni giorno è diverso dall’altro e spesso Giulia fa i conti con i se, i ma,
i se sarebbe stato e i forse dovevo, ma ha al suo fianco le
amiche di sempre, pilastri indispensabili per i momenti disperati e la condivisione
di gioie e dolori, e questo le dà la motivazione che serve per risollevarsi e
aprirsi a una nuova vita.
In tutto il romanzo Lorenza Ravaglia mantiene uno stile
leggero, ironico e raffinato, lo sfondo ideale alle vicende dei suoi personaggi,
liberi di scorrazzare in una realtà inventata dall’insolito sapore di storia
vera.
Andiamo a conoscerla meglio. Lorenza, raccontaci qualcosa di te!
Mi definisco un’astroenterologa eterica, sono poliglottide e
rispondo sempre: suona e ti sarà aperto. In breve, mi occupo di poesia e
letteratura, che sole possono curare l’anima, spesso colpita da velenose
sostanze che ne inquinano l’essenza.
Tra le patologie comuni i problemi di cuore sono i miei
preferiti: tradimenti puramente platonici o sfrenatamente carnali,
extrasistole, pressione alticcia, sospiri cronici. Con la lettura dei miei
romanzi e racconti potrete riderne, ma non mi sogno neanche di risolverli, per
quello, meglio il vino buono.
Curiosamente, di segno zodiacale sono Zampone. Appartengono
al segno dello Zampone tutti i nati tra il quinto e il sesto giorno del mese di
ritorno infinitesimale. I nati nel segno dello Zampone vivono avviluppati nella
purea di tuberi odorosi e muovono passi solo in corrispondenza di un’adeguata
circostanza festiva o in presenza di soffritto. In quel caso è possibile
scorgere i sorrisi seducenti degli Zamponi aggirarsi nei fluidi vitali ben
frequentati, per esempio da gonadi ben tornite.
Gli Zamponi non amano i legami troppo stretti, e, se
circondati, preferiscono un taglio netto e soprattutto poca biancheria intima
superflua. Vivere con uno Zampone non presenta particolari controindicazioni:
amano i compagni complimentosi e in cambio daranno frutti succulenti quanto
costanti. Lasciateli scrivere e saranno molto docili.
Benvenuta nel mio piccolo salotto. Sono una lettrice
curiosa; quando leggo un libro mi chiedo sempre cosa ci sia dietro la storia
raccontata dall’autore. E come scrittrice lo sono ancora di più: ogni autore ha
la sua storia da scrivere e nessuna è mai uguale all’altra. Oggi indosso i
panni dei tuoi lettori e provo a curiosare nella tua vita in loro vece e ti
chiedo: com’è nata l’idea di Camminare sull’acqua? Ti sei ispirata a
qualcosa che hai letto, ascoltato, vissuto o è solo opera della tua fantasia?
Da dove nasce l’idea del titolo?
Ciao Roberta, e grazie di avermi invitata! Il mio romanzo,
Camminare sull’acqua, nasce da un’urgenza impellente di raccontare una crisi
personale, una di quelle crepe che si aprono in ognuno di noi, una volta o
l’altra. Vivevo un momento sul lavoro particolarmente insoddisfacente: avevo
lasciato una situazione che amavo e che avevo desiderato fortemente per
buttarmi in un’avventura che si era rivelata deludente sotto ogni punto di
vista, per finire nelle grinfie di una capa che mi odiava. Dopo un momento di
grande sconforto, ho deciso di ripartire da lì. L’incipit del romanzo è la
cronaca di questa crisi lavorativa che si apre a ventaglio e mostra altre difficoltà
della protagonista, nel matrimonio ad esempio. Con un movimento a spirale e un
tuffo carpiato nell’inconscio, Gulia, la protagonista del libro si immerge
nella sfiga e si reinventa, puntando sui propri punti di forza: l’amicizia,
l’amore, la fiducia in sé stessa, l’ironia. In questo senso va anche la scelta
del titolo: la vita è un miracolo, come anche uscirne vivi.
Sappiamo che la lettura è la prima scuola di scrittura,
inutile che ci illudiamo che i corsi di scrittura siano la manna. Aiutano, sì,
ma ci vuole soprattutto tanto allenamento e tanti libri letti o da leggere.
Ci sono autori o libri che hai amato di più? E quali di questi hanno
contribuito alla tua formazione come scrittrice?
Sono una lettrice onnivora, compulsiva, nella mia vita ho
letto le cose più disparate, da Topolino a Dostoevskij, da Calvino a Rowling,
da Ferrante ai Peanuts di Charles Schultz, da Kurt Vonnegut alle sorelle
Bronte, Carver, Emily Dickinson, Natalia Ginzburg, ovviamente Shakespeare e De
Filippo, senza dimenticare la letteratura per ragazzi, che erroneamente è
snobbata da molti adulti e che annovera capolavori imperdibili: Astrid
Lindgren, Gianni Rodari, Roald Dahl, Louisa M. Alcott. Ognuna di queste letture
mi ha lasciato qualcosa. Non potrei vivere senza i libri: mi insegnano, mi
divertono, mi fanno riflettere e mi aiutano a uscire da me stessa. Devo dire
che anche la musica e i testi delle canzoni si sedimentano dentro di me e
ispirano quello che scrivo. Il romanzo che sto finendo, ad esempio, fa
riferimento alla musica e al periodo che abbiamo vissuto prima che si compisse
la mutazione antropologica causata da internet e dai social: gli anni Novanta
del ventesimo secolo. Vorrei inoltre rendere omaggio a una scrittrice che ci ha
lasciato, e che ho avuto l’onore di conoscere: Marina Sangiorgi, un’autrice
geniale che consiglio per la profondità del suo sentire, la limpidezza del suo
sguardo sulla realtà e la perfezione della sua prosa.
Scrivere richiede tempo, dedizione, spazio, luogo,
ambiente interno ed esterno adatti e disponibili. Quali sono le tue abitudini
come scrittrice? Preferisci il silenzio, la musica. Hai riti particolari a cui
ti attieni fedelmente? Scrivi solo in orari precisi o quando capita?
Ho impiegato molti anni prima di credere in me stessa come
scrittrice, ma da qualche tempo sto cercando di mettere la scrittura, non dico
al primo posto, ma tra le mie priorità. Devo incastrare questa attività tra gli
altri impegni che includono una famiglia, un lavoro a tempo pieno e un minimo
di socialità, così, per non rinunciare del tutto scrivo spesso dei racconti e
degli articoli brevi, che a volte mi capita di sviluppare in un secondo tempo.
La mattina è il momento che preferisco. Al risveglio, mi capita di avere delle
idee che restano appese nella mia testa, in quello spazio magico tra il sogno e
la veglia. Se mi sembrano buone le butto giù e sto a vedere quello che succede.
Spesso scrivo a mano, con carta e penna. La prima versione di racconti e
romanzi è manoscritta, e seguono una o più revisioni su pc. Pensa che avevo
smarrito il manoscritto di Camminare sull’acqua! Mio marito me l’ha ritrovato
dentro uno scatolone in garage. Tipico di me stessa. A volte dimentico le cose
veramente importanti della vita.
Stai lavorando a un nuovo libro? Vuoi raccontarci qualcosa
o è ancora troppo presto per sbirciare nella nuova storia?
Oltre al romanzo di cui parlavo prima, che però ha una
gestazione ben più complessa del previsto, in estate uscirà per l’editore Tempo
al libro una raccolta di racconti, dal titolo Mappa delle amiche. Si
tratta di ritratti di donne che ho conosciuto o inventato, sono profili spesso
ironici e divertenti, ma anche dolorosi, comunque emozionanti, almeno per me.
Nella mia intenzione, è un omaggio commosso e partecipe alla femminilità e
all’amicizia tra donne. La novità è che sarà un libro illustrato, cosa che
accade spesso nella letteratura per ragazzi ma quasi mai in quella per adulti.
La bravissima illustratrice che si è occupata di immaginare le mie amiche
si chiama Tabita Frulli. Se ne può fare esperienza dando una sbirciata al mio
blog Yperurania, dove ho pubblicato alcuni ritratti di “amiche”.
Lorenza ha un sito, Yuperunania, che ti consiglio di seguire
e leggere.
Ti lascio il link per acquistare Camminare sull’acqua, che ricordo è edito da Edizioni del Loggione nella collana R come Romance; è disponibile in tutte le librerie online.
Ti lascio anche il link di Libri su misura, la libreria di Edizioni del Loggione in cui troverai tanti interessanti titoli e ti auguro buona lettura.
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