Volevo solo te

Bellissimo, il romanzo di Federica D’Ascani, una storia erotica “d’altri tempi”, ambientata negli anni fra le due guerre, in una parte di Italia dove si viveva principalmente del lavoro della terra.
Flora, diciassettenne, s’innamora di Fausto, un bellissimo giovane dai capelli scuri, che diventa il suo pensiero fisso nonché un desiderio fisico costante. Un amore framezzato dal bisogno di appartenersi. Un intreccio di anime e di umori che sconvolgono i due protagonisti fino all’innamoramento superiore, quello che diventa amore per la vita.
Con Fausto, Flora conosce per la prima volta il sesso. Come fantasia notturna in solitudini amplessi fra le lenzuola e poi fra le sue braccia, incollata al suo corpo possente, dove quello che aveva tanto desiderato e immaginato si realizza. Si scoprono desiderosi di conoscersi, anche intimamente, attenti l’uno ai desideri dell’altra. Desideri che soddisferanno di notte, lontano dagli occhi di chi non deve vedere, perché nessuno, soprattutto i genitori, deve sapere.
Volevo solo te è una storia d’amore vera e intensa, in cui il sesso diventa il complemento fondamentale, il riconoscersi e scoprirsi nelle pieghe della vita e del corpo.
Scrittura magistrale, curata nei particolari e scorrevole nella sua semplicità. Negli anni ho scoperto che “essere semplici” in scrittura è un pregio, una qualità fondamentale; è quello che ho trovato nello stile di Federica, una sapiente ricerca della semplicità di parola per rendere grande un’opera. Mentre leggevo Volevo solo te pensavo ad un aggettivo che potesse descriverne la scrittura e la parola che più facilmente mi saliva alle labbra era rotonda. Rotonda come i seni o le natiche di Flora, come fianchi morbidi e seducenti o come una frase nell’atto di descrivere, accogliere, riempire spazi vuoti ed evocare immagini. Rotonda e morbida perché sa descrivere tutto, nei particolari, nei gesti e nei movimenti, senza mai essere volgare o sconveniente.

Ah, dimenticavo! Devo ringraziare l’autrice per il finale (che ovviamente non racconterò)! Ho temuto, leggendo, ho sperato, tremato per Flora e tifato per Fausto.
Quello che posso aggiungere, a conclusione di questa breve recensione, è che, grazie ad una cara amica ed a Volevo solo te, ho conosciuto un’autrice italiana, giovane e veramente Brava (con la BBB maiuscola), che consiglierò a tutti i miei amici! In effetti lo sto facendo già in questo momento 😀

Volevo solo te è scritto da Federica D’Ascani e pubblicato dalla casa editrice Damster – Eroxé, dove l’eros si fa parola.

Scritto sull’acqua

Sottotitolo: Scritto con il cuore e grande maestria.

Scritto sull’acqua è una raccolta di sei brevi racconti, sei magnifiche perle che raccontano, ognuna, una condizione umana o un sentimento e che rimandano, a mio avviso, tutti indistintamente, alla fede.

Fede non per forza in un credo religioso di qualsiasi tipo, ma fede in un modello, in una persona, in un sentimento, in un ideale, in uno stile di vita.

In ogni racconto la forza trainante è quella del protagonista. Di colui, o colei, che ha fede in qualcosa. E tanta è la forza che esprime in ciò che crede che il lettore si sente catapultato lì, al suo fianco, ad avere paura, ad emozionarsi, a scappare, ad inorridire, ad amare, a fidarsi esattamente come lui.

Mi sono ritrovata anch’io, lì, e mi sono commossa, ho sperato fino all’ultimo che le cose succedessero sì, ma come volevo io, perché mi sentivo piena di quel sentimento che il personaggio viveva attraverso parole che non sono scelte a caso, ma studiate, meditate, costruite apposta per definire ogni più piccolo dettaglio.

Già dal sottotitolo (di mia attribuzione) è chiaro il mio giudizio su Scritto sull’acqua.

Vorrei aggiungere solo una cosa, come lettrice e come quasi-autrice.

Scrivere racconti è molto più difficile che scrivere un romanzo alla Guerra e pace (senza sminuire il lavoro del grande Tolstoj). È difficile perché l’autore deve riuscire a portare il lettore dentro una storia che è una parte infinitesimale della vita dei personaggi (di solito uno o due massimo). Il racconto è una contrazione, un concentrato di vita in tre o quattro cartelle. È il pasticcino mignon della narrativa: piccolo, gustoso, ricco di sapori che si spandono ovunque… una goduria.

Ecco! Mi permetto, e spero che l’autrice non me ne voglia, di paragonare Scritto sull’acqua ad un vassoio d’argento, con un bellissimo piatto di porcellana al centro sul quale sono disposti sei pasticcini finissimi, unici nel loro genere, ma tutti assolutamente gustosi e irresistibili.

Scritto sull’acqua di Carla Casazza
Carta e Calamaio

Sette sono i re

Immagini. Come pennellate su una tela.

Pennellate nere su uno sfondo grigio. Il grigio del fumo, delle strade, delle macchine, delle fabbriche, della città.

Sette sono i re è lo spaccato di una società marcia, il retroscena della nostra bella vita, quello che c’è dietro e non vediamo.

Le parole, sapientemente utilizzare dall’autore, trascinano il lettore in un mondo in cui gli odori, i colori, le case, la terra, le persone puzzano di merda e di morte. Una morte seminata a suon di proiettili. Dove il protagonista alterna i ricordi di un suo passato da guerrafondaio ad un presente in cui la guerra la fa perché c’è qualcuno che lo paga per uccidere.

Molto interessante l’alternanza fra passato e presente (fra i ricordi del protagonista e la vita attuale), caratterizzata da un passaggio armonico delle forme verbali. La lettura non inciampa mai, scivola fra presente e imperfetto con lucida facilità.

Sette sono i re è un romanzo nero, racconta di uno strato sociale depravato in cui i soldi girano a mazzette, i crimini si comprano come prodotti di un supermercato e gli uomini obbediscono agli ordini di altri uomini, per denaro.

Il protagonista è un uomo che ha visto il dolore, il sangue, ha vissuto la guerra, ma sembra non riuscire a separarsi dall’idea di morte che ormai fa parte della sua vita. Nel borsone che porta con sé ha armi micidiali, che non risparmiano e non perdonano. Armi che uccidono a distanze impensabili. Che folgorano un uomo a bruciapelo senza dargli neanche il tempo dell’ultimo respiro.

Io tengo il metallo del San Luigi sotto al giubbotto. Sento il suo freddo contro la pelle. Il freddo del metallo. Il freddo che, per miracolo, diventa incandescente quando incomincia a sparare. Per miracolo. Il miracolo di un santo.

Storia che ti trascina dentro la storia, raccontata con uno stile particolare. Frasi brevi. Cortissime. Di una parola o due. Parole scelte, una per una. Con un lavoro sapiente di cesellatura.

Parole semplici e frasi che si ripetono danno alla lettura un ritmo incessante, inesorabile, come una scarica di mitra.

Sette sono i re – Angelo Ricci
Officina Marziani – Antonio Tombolini Editore

Il peso sul cuore

Io non conosco l’Irlanda, il mare, le scogliere, il folklore, i racconti di fate e lepricani. Non conosco il mal d’Irlanda e neanche il meraviglioso colore delle sue colline grazie al quale è chiamata anche Isola di Smeraldo. Il peso sul cuore è una storia appassionante, deliziosa, coinvolgente, ma è anche un romanzo che parla di tradizioni, leggende raccontate in un pub davanti a un boccale di birra, con, in sottofondo, le note di una musica celtica.

Una lettera che nessuno aspettava catapulta Erica dalla Liguria all’Irlanda, dove la giovane donna conoscerà Finn (il marito di zia Flora), il bellissimo Brian, la vulcanica Grace e si ritroverà, suo malgrado, a fare i conti con tradizioni e credenze popolari che fatica a comprendere. Le storie del piccolo popolo, le fiabe che hanno un sapore reale, le leggende che appassionano la gente dell’isola…l’Irlanda è anche questo. Erica lotta contro se stessa per cercare di comprendere, aprire la mente e il cuore alle storie che Finn e Brian le raccontano. Storie magiche, di sparizioni ed apparizioni, favole che sembrano tali solo per essere narrate e scritte con inchiostro e non per essere vissute. Quella che Finn racconta a Erica è una favola dipinta da storia vera o una storia vera che sembra una favola. Erica non può fare a meno di farsi trascinare in quelle che fino a poco tempo prima avrebbe considerato solo fantasie o sciocche storielle da bar. La commozione che legge negli occhi di Finn, la convinzione con cui tutti credono alla presenza di fate e folletti la convincono a cercare e capire.

Erica s’innamora dell’Irlanda, del suo cuore, delle sue tradizioni e del suo popolo e trascina il lettore in una bellissima storia che prima ti travolge e poi ti resta dentro per giorni anche dopo che hai letto la parola FINE. Resti lì, in sospeso, indecisa se ricominciare daccapo o chiedere all’autrice se ci sarà un seguito.

È quello che succede quando leggi un bellissimo libro come questo.

Il peso sul cuore di Amanda Melling è edito da Antonio Tombolini Ediore – Collana Oceania

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