Ricetta: crostata di marmellata

Oggi, domenica, ho voglia di farti un regalo: la mia ricetta della crostata di marmellata.

Prepara gli ingredienti:

– 250 gr di farina
– 100 gr di burro
– 100 gr di zucchero
– 2 cucchiai di latte
– 1 uovo
– mezza bustina di lievito
– marmellata
– zucchero a velo
– una tortiera da crostata da 22/24 cm. di diametro
– carta forno
Indossa il grembiule, lavati le mani e comincia la preparazione.
Io faccio così.
Metto in una ciotola la farina, lo zucchero, l’uovo, il latte, il lievito e il burro ammorbidito (anche con le mani) e impasto fino ad ottenere un composto bene amalgamato. Copro la ciotola con la carta velina o un piatto e lascio riposare in frigorifero mezz’ora.
Accendo il forno: 175/180°. Io lo uso ventilato.
Copro una tortiera con carta forno. Potrei usare anche burro e farina o pane grattugiato per non fare attaccare la crostata, ma preferisco la carta forno.
Stendo 3/4 dell’impasto e lo dispongo nella tortiera (la pasta della crostata è molto appiccicosa e va lavorata con la farina -non troppa-; per stenderlo bene si può usare il mattarello sulla spianatoia oppure, se difficile da lavorare, basta prendere un pezzo di impasto alla volta e schiacciarlo con le mani dentro la tortiera fino a foderarla tutta, anche i bordi).
Metto la marmellata in una tazza e poi con un cucchiaio la stendo sopra la crostata (se la marmellata non è fluida, aggiungo, nella tazza, un cucchiaio di vino bianco che evaporerà durante la cottura e mescolo fino a renderla morbida).
Stendo la parte di pasta rimasta e taglio delle striscioline larghe mezzo dito con la rotella, che poi stendo sulla crostata a forma di griglia. Le strisce non devono essere perpendicolari una all’altra, ma un po’ oblique. Per creare le strisce, senza usare il mattarello, si possono prendere dei piccoli pezzi di pasta e arrotolarli con le mani sulla spianatoia (sempre usando poca farina) e poi stendere questi lunghi rotolini sulla crostata. Se  si rompono nessun problema. Li dispongo sulla crostata avvicinandoli l’uno all’altro: si incolleranno durante la cottura.
Inforno per 20 minuti. E quando è fredda la cospargo con zucchero a velo.
Con la marmellata di ciliegie è un incanto.
Provala e poi mandami le foto della crostata fatta con la mia ricetta…
🙂

Donne dagli occhi grandi

La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota.

Non ricordo quando e perché ho acquistato questo libro. Sono convinta che non siamo noi a scegliere i libri che leggiamo. L’incontro tra lettore e libro avviene nel preciso istante in cui questo deve accadere. Potrebbe non succedere mai. Lo dimostrano i tanti (decine e decine) libri stipati nelle librerie di casa, acquistati e mai letti. In attesa di essere considerati.

Il libro Angeles Mastretta ha attirato la mia attenzione per alcuni semplici motivi.

Prima di tutto è scritto da una donna. Secondo parla di donne.

Facile no? Una donna che scrive storie di vita femminile… Cosa c’è di più facile? È vero, è facile, ma non così scontato.

Donne dagli occhi grandi è un intreccio di vite che si susseguono capitolo dopo capitolo. Ogni bravo del romanzo è una vibrazione, uno scorcio di vita su un muro tappezzato da momenti di dolore, felicità, esistenza piena o baratro profondo.

La protagonista di ogni scorcio è una donna che porta negli occhi il riflesso dei giorni vissuti. Che urla di dolore. E che impazzisce di gioia. Sono donne forti, che piangono, ridono, scappano o ritornano. Ognuna a suo modo. Ognuna con un obiettivo. Profondamente diverse ma accomunate da un unico vero filo conduttore: vanno avanti sempre, senza voltarsi a guardare la strada percorsa.

Amano camminando a testa alta. Con un enorme peso sulle spalle. Sono stupide creature che donano se stesse a chi amano, senza chiedere o pretendere. Sono forti anime dallo sguardo intenso e pieno di passione.

Sono donne che AMANO.

Napoli, un viaggio inatteso

Foto di Giulia Marotta da Pixabay

Un viaggio non è mai inatteso. Di solito lo si prepara prima. Con cura e attenzione. Oppure senza pensare troppo ai preparativi, raccogliendo quelle poche cose che servono.

Il mio viaggio a Napoli di oggi è nato una settimana fa, quando ho ricevuto la telefonata del mio capo che mi dice: “Mercoledì vai a Napoli!”

Bellissimo. Io Napoli l’adoro. È una città che sento viva, che quando arrivo in auto, dal Vomero, e me la ritrovo improvvisamente davanti, distesa e avvolta da quel fascino particolare che solo Napoli ha, non riesco a trattenere le lacrime. Un po’ come quando guardo un film che parla di nonni e nipoti, o quando un italiano vince una gara importante, o quando osservo immagini terribili di guerre, malattie, stermini, ingiustizie di qualsiasi tipo e che il mio cuore non vorrebbe vedere.

Le cose belle e le cose brutte. Emozioni contrastanti e profondamente diverse.

Torniamo a Napoli.

Una settimana fa ho scoperto che avrei fatto un viaggio a Napoli, da sola. E che avrei incontrato un numero considerevole di clienti. Ai quali avrei spiegato tutte le operazioni da fare per portare a termine il nuovo progetto. Quello per il quale ho un titolo che non nomino e che mi mette in imbarazzo. Ma che MI PIACE fare. In cosa consiste il mio lavoro non lo so neanche io; quello che so è che devo svolgere una serie di attività rivolte al cliente, mio stakeholder principale (ecco un’altra bella parolona che significa, appunto, “cliente” o “fruitore del progetto”, “destinatario”).

Sarebbe stato meglio dormire in albergo una notte e vivere una giornata fuori casa senza dovermi svegliare alle quattro di mattina, correre per non perdere il treno (i treni!!), poi taxi, parlare coi clienti, pranzare e alle 16.30 riprendere il Freccia Argento per arrivare a casa alle 22.30. Ma sono tornata da poco da un tour di 3 giorni in giro per lo Stivale (Milano e Roma on the rails!!), per cui ho preferito ammazzarmi in una botta sola.

Un viaggio di corsa, sarebbe un titolo più appropriato per questo post. Oppure un viaggio di corsa dietro ai treni, visto che ormai è il mio mezzo di trasporto preferito.

Il rammarico più grande è che oggi, come sempre accade nei viaggi di lavoro, di Napoli non vedrò praticamente nulla, a parte la stazione, il taxi e l’hotel. Niente Vesuvio, né Santa Lucia o Castel dell’Ovo.  Vedrò la gente, le strade, le case e respirerò quell’aria che mi emoziona.

E che ci posso fare se mi fa così. Napoli è anema e core.

P.S. si postano i Post Scriptum nei post? Volevo dire che il mio inglese è puramente indicativo, dato che la mia unica esperienza di inglese l’ho avuta alle scuole medie e superiori, con professori che preferivano leggere il giornale o svolgere esercizi banali, anziché chiacchierare con noi in inglese!

La collina

Immagine

E’ passato tanto tempo ormai da quando sei partita.
Chissà se sai quanto mi manchi, se porti ancora il profumo che ti ho regalato, se parli ancora tanto al telefono, come allora. Lo odiavo, lo sai, quel telefono, odiavo te quando parlavi con tutti, con le tue amiche, con i tuoi pazienti, tutti meno che con me.
Già con me non aprivi bocca, perché’ io staccavo il telefono e ti imbavagliavo, non volevo che parlassi, gridassi, volevo vedere i tuoi occhi lucidi e bagnati di lacrime. Lo so che godevi, te lo leggevo in faccia, nei tratti del viso distesi, nei capelli arruffati, nella bocca gonfia.
Quando ti toglievo il bavaglio non riuscivi quasi a respirare e mi dicevi solo: “ancora!”
E ora dove sei? Impazzisco senza di te, ti vedo ovunque, in ogni donna, in ogni luogo.
E quando credo di scorgerti, l’emozione scoppia dentro di me come una mina.
Sai dove sono ora? Sto percorrendo la strada delle villette, quella panoramica che tu amavi tanto, dove ci fermavamo a godere di noi e della notte.
Anche ora e’ notte, sai? E io sono qui e godo guardandoti abbandonata davanti a me, riversa su un fianco, coperta solo di una coltre trasparente, con i capelli sciolti, sparsi su un cuscino di piume, un braccio sotto la testa, l’altro allungato a disegnare la curva della vita e del fianco, la mano aperta appoggiata leggera sulla coscia carnosa.
Quanto sei bella!
Quanto ti vorrei adesso!
Sembra che mi chiami, che implori di avermi, i tuoi occhi mi parlano, luminosi come i lampioni delle strade attorno alle villette, sbattono di desiderio.
So cosa provi ora. Provi dolore fisico per il bisogno di avermi, di urlare mentre io stringo più forte, di affondare i tuoi denti nella carne e lasciare la saliva sulla mia pelle.
Ecco che allunghi la tua mano verso di me e mi trascini fino a che non ti copro, fino a che il tuo corpo non diventa il mio.
Apro gli occhi e ascolto il mio respiro affannoso.
Sono solo, in macchina, e’ notte fonda e di fronte a me quella collina allungata, piena di luci, fremente e vogliosa come una femmina, davanti alla quale tante volte abbiamo fatto l’amore.
Rimetto in moto e torno a casa dove tu non sei.
Chissà dove ti trovi ora; chissà se questa notte hai sentito che ti ho amato.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: