Il peso sul cuore

Io non conosco l’Irlanda, il mare, le scogliere, il folklore, i racconti di fate e lepricani. Non conosco il mal d’Irlanda e neanche il meraviglioso colore delle sue colline grazie al quale è chiamata anche Isola di Smeraldo. Il peso sul cuore è una storia appassionante, deliziosa, coinvolgente, ma è anche un romanzo che parla di tradizioni, leggende raccontate in un pub davanti a un boccale di birra, con, in sottofondo, le note di una musica celtica.

Una lettera che nessuno aspettava catapulta Erica dalla Liguria all’Irlanda, dove la giovane donna conoscerà Finn (il marito di zia Flora), il bellissimo Brian, la vulcanica Grace e si ritroverà, suo malgrado, a fare i conti con tradizioni e credenze popolari che fatica a comprendere. Le storie del piccolo popolo, le fiabe che hanno un sapore reale, le leggende che appassionano la gente dell’isola…l’Irlanda è anche questo. Erica lotta contro se stessa per cercare di comprendere, aprire la mente e il cuore alle storie che Finn e Brian le raccontano. Storie magiche, di sparizioni ed apparizioni, favole che sembrano tali solo per essere narrate e scritte con inchiostro e non per essere vissute. Quella che Finn racconta a Erica è una favola dipinta da storia vera o una storia vera che sembra una favola. Erica non può fare a meno di farsi trascinare in quelle che fino a poco tempo prima avrebbe considerato solo fantasie o sciocche storielle da bar. La commozione che legge negli occhi di Finn, la convinzione con cui tutti credono alla presenza di fate e folletti la convincono a cercare e capire.

Erica s’innamora dell’Irlanda, del suo cuore, delle sue tradizioni e del suo popolo e trascina il lettore in una bellissima storia che prima ti travolge e poi ti resta dentro per giorni anche dopo che hai letto la parola FINE. Resti lì, in sospeso, indecisa se ricominciare daccapo o chiedere all’autrice se ci sarà un seguito.

È quello che succede quando leggi un bellissimo libro come questo.

Il peso sul cuore di Amanda Melling è edito da Antonio Tombolini Ediore – Collana Oceania

Domani è un altro giorno

Domani è un altro giorno di Caterina Ferraresi
Gruppo Editoriale Mauri Spagnol

Domani è un altro giorno è la storia di quello che succede ad una donna dopo la separazione inaspettata da colui che considerava l’uomo della sua vita; il matrimonio di Carolina va a rotoli la sera in cui, quasi per noia, lei dice a lui: «Tu per me hai un’altra».

E così, da donna annoiatamente sposata, Carolina diventa donna-libera ad un’età in cui non pensa di poter ricominciare un’altra vita.

Sarà la finta lettera di una pseudo associazione benefica e non le ore di analisi pagate profumatamente al dottor Sigfrido (Sig per gli amici) a farle capire che forse ha un’altra possibilità. Carolina si rende finalmente conto che quella domanda non l’ha fatta per noia ma perché esiste un disegno che va oltre il suo matrimonio e che forse è stata proprio la noia a consentirle di rompere i sigilli di una vita-immagine, in cui tutti si sono ritagliati il proprio ruolo, compresa lei stessa; ha dedicato una vita alla famiglia, scegliendo di lavorare a casa per essere più presente, e c’è sempre stata fino a quella fatidica stupida domanda, che tanto stupida non è.

Un evento all’apparenza insignificante (una lettera scritta da una persona che non conosce) cambia totalmente i parametri con cui è abituata a considerare la vita e la storia precipita in un susseguirsi di situazioni che le mostreranno che Paolo fa parte di un’altra vita e che Domani è un altro giorno.

La lettura di questo romanzo mi ha coinvolta totalmente: mi sono immedesimata, ho tifato, ho sperato in un finale meritevole. In questo l’autrice è stata super: il finale è la parte che ho preferito perché mi ha sorpreso, non ha lasciato che la storia avesse un epilogo normale, ma gli ha dato quel tocco di frizzantezza di cui la protagonista aveva bisogno. Carolina ha un marito normale, una figlia normale, un lavoro normale in una vita troppo normale. È questo che te la rende simpatica, ma allo stesso tempo vorresti prenderla per le spalle e scuoterla, dirle che oltre c’è ben altro e poi ti rendi conto che in lei vive la parte normale di tante donne reali. Forse è questo immedesimarsi a travolgere il lettore e a conquistarlo. Ed io mi sono sentita conquistata.

Domani è un altro giorno ha vinto il premio come Miglior Incipit al torneo IoScrittore 2013.

Bianca come l’Africa

Contrariamente alle mie insane abitudini di lettura (vedi intervista: Io, la scrittura e tutto il resto), Bianca come l’Africa mi ha costretta a trovare spazi dedicati alle parole, silenzio per percepire i messaggi contenuti nelle storie di Clara Piacentini.

Definire Bianca come l’Africa un’antologia di racconti è sminuire un’opera d’arte ricca di tutto quello che un’ottima lettura sa portare in dote al lettore. Avvicinarsi a queste storie è stato come entrare improvvisamente in un mondo a me totalmente sconosciuto. Ho apprezzato una lettura per me inusuale ma ricca di sensazioni forti che colpiscono tutti i sensi. E li senti gli odori, i rumori, i colori, ma anche la passione, il dolore, la sofferenza.

Bianca come l’Africa è una giostra di percezioni che attaccano l’iride, la pelle, il naso, le orecchie, il palato, il cuore.

Non è stato facile assorbire le sensazioni che le parole di Clara lasciano come eredità assoluta. Comprendi un continente molto lontano dal nostro nelle abitudini, nella quotidianità della vita, nei sentimenti. Ti avvicini e capisci quanto tu sia lontana da quel mondo che lascia dietro di sé emozioni alle quali non sei preparata.

Non conosco il Mal d’Africa e non penso di averlo capito leggendo questo libro, solo chi lo vive sa cosa significhino il distacco, il vuoto, la nostalgia per i colori, gli odori e un modo di vivere diverso.

I personaggi non hanno nome ma li riconosci nelle descrizioni visive, nei loro movimenti; i luoghi sono rappresentati con minuzia di particolari tanto da renderli reali all’occhio della mente; anche le cose astratte esprimono sensazioni, toccano i sensi.

Ogni racconto è una vicenda a sé e nell’insieme diventano una storia che si completa, con una partenza ed un arrivo, dalla voglia di scoprire alla voglia di ricordare.

Devo dire grazie a Clara perché mi ha costretta a entrare nel cuore delle sue parole, sempre attente, selezionate, scolpite. Scrittura molto diversa da tante altre che ho incontrato sul mio cammino di lettrice, ma altrettanto intensa e coinvolgente. Sicuramente unica.

Bianca come l’AfricaClara Piacentini
Officina Marziani – Antonio Tombolini Editore

Confessioni di una maschera

Ho deciso da qualche giorno, d’accordo con la mia agente, di lavorare a Viola Rossa, chi lo conosce sa a cosa mi riferisco, io lo chiamo la mia perla.

Al di là dei contenuti, del significato e di quello che può lasciare come eredità ad un suo possibile, futuro lettore, Viola Rossa per me ha un valore molto particolare.

È nato per scherzo, come laboratorio di scrittura. Volevo dimostrare a me stessa a quale tappa del mio cammino fossi arrivata. Capire se gli anni di scritture sbagliate, lezioni, letture e cancellazioni avevano maturato il frutto.

La maggior parte di quelli che scrivono hanno iniziato scrivendo malissimo, tanti ancora ne leggo, in pochi esiste un vero talento che non abbia bisogno di un confronto o di una critica che arricchisca la qualità di quello che lo scrittore produce.

Fino a che non ho ricevuto vere critiche, da veri scrittori o addetti ai lavori, ho girato attorno ad un pozzo senza allontanarmi mai.

Il talento è insito nella passione, più questa è forte, più lo scrittore riesce ad allontanarsi dal pozzo.

Considerarsi scrittori significa avere pubblicato, venduto, ricevuto critiche, presentato libri, essersi affermato nel mondo di coloro che scrivono ed avere visibilità. Fino ad allora, mi considero solo un’appassionata di scrittura e di veri e buoni libri da leggere.

Scrissi Viola Rossa qualche anno fa, in un mese esatto, convinta di dimostrare a me stessa che ero cresciuta di qualche centimetro. L’esperienza che per me ha reso immenso questo racconto è la contemporanea lettura che feci in quegli stessi giorni di Confessioni di una maschera di Yukio Mishima. Leggevo e scrivevo; rileggevo e correggevo; cancellavo e riscrivevo. Ed ogni volta Viola Rossa mi sembrava sempre più bella.

Do la colpa a Y. Mishima se mi sono innamorata così tanto del mio racconto, una storia erotica completamente avulsa dal mio modo di scrivere.

L’esperienza che feci allora non sono più riuscita a replicarla, e non so nemmeno se sia reale o solo una mia fantasia. Quello di cui sono convinta (e che è certo) è che Mishima influenzò così tanto il mio modo di scrivere che non penso sarei capace di scrivere di nuovo così.

Ora ho deciso di revisionare Viola Rossa, truccarle il volto e vestirla con abiti regali. Lavorerò al testo cercando di dare un seguito alla storia di Violet e non con facilità. Non sarà semplice rientrare nella sintonia di quei giorni, in quell’atmosfera. Dovrò chiedere aiuto a Yukio? Rileggere il suo Confessioni di una maschera per ritrovare il clima? O basterà rientrare nella vita di Violet e lasciarmi prendere la mano?

Una cosa ho capito da quell’esperienza: le nostre letture ci trasformano, cambiano il nostro modo di essere, di vivere, di amare, ma ancora di più cambiano il nostro modo di scrivere.

Ps.A proposito! Leggete Confessioni di una maschera, dopo non sarete più gli stessi!

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