L’ora del tè; chiacchierando in salotto con Massimo Lazzari

Benvenuti alla seconda puntata de L’ora del tè, il salotto in cui si parla di libri e di 13920039_10209966357338097_5427798882119535818_oscrittura; il nostro intento però è soprattutto quello di conoscere l’autore che di volta in volta ci farà compagnia.
Oggi è la volta di Massimo Lazzari, autore di Quando guardo verso Ovest, una raccolta di racconti legati alle più belle canzoni rock dei nostri anni, pubblicato nella collana Officina Marziani di Antonio Tombolini Editore. I racconti di Massimo però non parlano solo di musica, anzi. Fra poco lo scopriremo.
Per conoscere meglio Massimo vi consiglio di fare una visita sul suo sito; ha una casa piena di libri, musica e persone interessanti… Questo è il link: www.massimolazzari.com

Benvenuto nel mio salotto, Massimo. Di solito offro tè e dolci. Tu cosa gradisci?
Grazie per l’invito Roby, è un piacere e un onore essere qui. Per me tè verde senza zucchero grazie.

Massimo, sei comodo? Partiamo con le cinque domande brevi?
Tre, due, uno, via!!!

A che età hai iniziato a scrivere?
La sera del mio trentesimo compleanno. Avevo bisogno di una data simbolica.

Quali sono, se ne hai, le tue manie quando scrivi?
Quando scrivo un racconto o un capitolo di un romanzo la lunghezza deve sempre essere tre pagine word, non una di più non una di meno.

Il luogo in cui preferisci ambientare le tue storie?
Non ho un luogo preferito. Il romanzo Esprimi un desiderio è ambientato nei luoghi immaginari dei sogni dei protagonisti; Quando guardo verso Ovest contiene racconti ambientati sia in Italia che all’estero (Irlanda, Sudafrica, Australia, …). Il terzo libro che uscirà nel 2017 è ambientato in India.

Il libro più bello che hai letto?
Domanda difficile. Se devo scegliere un libro solo allora dico Il Maestro e Margherita di Bulgakov.

Il luogo più strano in cui scrivi?
THE END, uno dei racconti contenuti in Quando guardo verso Ovest l’ho scritto seduto su una scogliera, mentre il sole si tuffava nell’Oceano Atlantico. Ero a Finisterre (Spagna), nel punto in cui termina il cammino di Santiago.

Massimo, rispettiamo l’indice e cominciamo dalla fine, ossia da THE END, il primo racconto della tua antologia Quando guardo verso Ovest. C’è un argomento che mi tocca sempre molto profondamente ed è quello del CAMMINO INTERIORE. Cammino visto come passaggio di età o crescita personale o spirituale o altro. Una cosa non esclude l’altra ed a mio avviso sono tutte legate fra di loro. Tu ami molto camminare, ami la montagna, la solitudine delle cime o dei boschi, il contatto con il te stesso che batte dentro di te. Qual è il significato delle frecce gialle nella tua vita? Quale strada indicano?
Le frecce gialle a cui faccio riferimento nel primo racconto del mio libro sono quelle che indicano la via di Santiago ai viandanti che intraprendono il Cammino. Chi ha fatto questa esperienza sa che deve seguirle, è naturale farlo perché la meta è la stessa per tutti. Nella vita di ognuno di noi le cose cambiano. La meta cambia da persona a persona, oppure anche per la stessa persona in fasi diverse della vita. Eppure le frecce gialle sono sempre lì, a indicarci un cammino che non è il nostro, a spingerci verso una meta che non ci appartiene. Come avrai capito parlo dei condizionamenti, impostici dalla famiglia, dalla scuola, dal lavoro, dal contesto sociale in cui viviamo. Il filo rosso che lega tutti i racconti di Quando guardo verso Ovest è proprio questo: fotografare il momento in cui i protagonisti dei racconti riconoscono i condizionamenti delle loro vite, li affrontano di petto e decidono deliberatamente di non seguire più le frecce gialle che qualcun altro ha posizionato sul loro cammino. Mi chiedi che significato abbia tutto ciò sulla mia vita. Beh, in uno dei racconti del libro il protagonista sono io, quindi la risposta è contenuta lì…

Vorrei tornare un attimo ad un tema a cui ho accennato nella domanda precedente, perché lo sento molto mio. Ritorno a quel tuo amore per la montagna e per le camminate in mezzo alla natura, da solo: tu, la tua anima e il mondo. Dalla tua scrittura e dalle tue passioni questo amore emerge in modo quasi esplosivo. Ci racconti quando è nato e se ha un qualche legame con la scrittura?
Piccolo stimolo alla riflessione: la solitudine è uno stato molto particolare. Molte persone la temono, noi scrittori la desideriamo. Che rapporto ha Massimo Lazzari con la solitudine?
Anche la passione per il trekking e per le immersioni nella natura è iniziata tardi. La mia prima esperienza di viaggi a piedi l’ho fatta a 33 anni, quando in un periodo particolare della mia vita ho deciso di fare il Cammino di Santiago. Da lì in poi mi sono imposto di fare almeno un viaggio a piedi all’anno, percorrendo la Via degli Dei da Bologna a Firenze, un tratto della Via Francigena toscana, il sentiero delle Foreste Casentinesi e il Parco dei Monti Sibillini (una parte d’Italia dalla bellezza sconvolgente che purtroppo sta attraversando un terribile momento). Al di là di questi veri e propri viaggi itineranti, appena posso scappo dalla città per ritrovare il contatto con la natura. Quando la maggior parte delle persone si dirige verso spiagge affollate, centri commerciali e terme, io punto in direzione di fiumi, boschi, montagne. Spesso queste mie escursioni sono in solitaria, perché come dici tu la solitudine è una condizione che noi scrittori cerchiamo. Io amo stare in buona compagnia, ma amo altrettanto stare da solo. In quei momenti, specie se sono immerso nella natura, trovo uno stato di pace interiore e ispirazione che nella vita quotidiana mi è spesso interdetto. Penso che faccia bene a chiunque dedicare dei momenti a se stessi, isolandosi dal resto del mondo. Non è necessario diventare degli eremiti o degli asociali, né cercare la solitudine in cima a un monte o in mezzo a un bosco. Basta sedersi ogni tanto in un bel posto tranquillo, chiudere gli occhi per qualche minuto e ascoltare la propria voce interiore. Già questo è sufficiente a cambiare non solo la nostra giornata, ma addirittura il modo in cui approcciamo la vita intera. Provare per credere.14141482_10209180301696131_2120604001352222404_n

Proveremo, Massimo, il tuo invito è talmente convincente che tutti i nostri lettori ascolteranno la loro voce interiore. Ovviamente anch’io lo farò! A volte abbiamo paura di ascoltarci, di scoprire cose scomode, che conosciamo benissimo ma che fingiamo di non sapere.
C’è un rischio in tutto questo, a mio avviso: che una parte della vita interiore dello scrittore finisca nelle storie che scrive. Dopo anni e tanti errori di scrittura ho capito che al lettore non interessa conoscere la mia vita. Vuole una storia che lo tenga incollato alla pagina, non dia spazio al lavoro, a mangiare, a dormire. Se la riempio di vita mia personale questa s’impoverisce e rischia di annoiare.
Da quel che ho percepito i tuoi racconti parlano di storie reali, ma non annoiano. Ci spieghi quale alchimia hai inventato?
Grazie mille Roby, ma forse qualcuno la pensa diversamente. Credo che i miei racconti ti abbiano fatto questo effetto perché, come dici giustamente tu, sono tutte storie vere, o verosimili. Ogni racconto ha come protagonista una persona che conosco (parenti, amici, colleghi), e in molti casi è stata proprio la persona in questione a decidere l’episodio da descrivere nel suo racconto. Quel particolare momento della sua vita in cui ha guardato verso Ovest e ha sentito il bisogno di cambiare qualcosa. In effetti nei 33 racconti che compongono il libro non c’è quasi nulla della mia vita privata, ma c’è molta vita vissuta da altre persone, persone comuni che affrontano difficoltà e inseguono sogni che il lettore può ritrovare come propri.

33 racconti per 33 giri. Quando guardo verso Ovest ha un forte legame con la musica rock. Racconti intensi, profondi, pieni di vita che si percepisce.
Ho apprezzato molto il legame che hai creato fra scrittura e musica, due elementi che ho capito essere fondamentali nelle tue giornate. Ho trovato geniale anche l’idea di abbinare ogni racconto ad una canzone rock.
Quando si scrive un romanzo o un racconto si parte da un’idea, la si sviluppa e poi si procede con la scrittura vera e propria. Spesso la domanda che uno scrittore si sente porre è: da dove è nata l’idea per questa storia?
Nel tuo caso invece io chiedo: come è nata l’idea di costruire un’antologia di racconti dove ogni racconto ha il titolo di una canzone rock? E inoltre, come è avvenuta la scelta di abbinare ogni canzone ad una storia (che come dici tu è legata ad una persona che conosci)?
Quando ho partorito l’idea di Quando guardo verso Ovest volevo realizzare un libro che fosse al tempo stesso una compilation della migliore musica rock del secolo scorso. La musica che amo e che, come dici tu, rappresenta una parte importante della mia vita. Ti confesso che non è stato facile abbinare ogni persona e la sua storia alla canzone che dà il titolo allo specifico racconto. In alcuni casi sono state le persone a scegliere il brano, anche se ho dovuto negare a molti Stairway to heaven, che ovviamente era la canzone che avevo scelto per il mio racconto. In altri casi ho scelto io, cercando un legame tra la persona o la sua storia con uno dei pezzi che avevo deciso di inserire. Legame che si può ritrovare nel testo della canzone stessa, nel titolo o semplicemente nel ritmo. La soddisfazione più grande che ho ottenuto da questo sforzo è che adesso tutte le persone più importanti della mia vita hanno una loro canzone. Quando la sento per radio penso a loro, e sarà così per sempre.

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Quello che hai creato è qualcosa di veramente originale. Ed originale è anche il modo in cui lo porti in giro, lo promuovi. L’idea del reading con la lettura del racconto e la sua canzone abbinata, cantata dal vivo, penso sia davvero unica. Hai altre idee nel cassetto per la promozione di Quando guardo verso Ovest? Quale altra sorpresa ci riservi? Ho visto sul tuo profilo facebook una interessante iniziativa umanitaria legata al tuo libro, ce ne vuoi parlare?
Si Roby in effetti ho da poco lanciato una nuova iniziativa che spero abbia un grande successo, e ti ringrazio per l’opportunità di parlarne anche qui. Ho deciso di devolvere tutti i miei proventi derivanti dalla vendita di Quando guardo verso Ovest, sia in cartaceo che in ebook, all’Associazione Mondobimbi Onlus (http://www.mondobimbi.org) che gestisce alcune scuole a Tulear, una cittadina nel Sud Ovest del Madagascar. Con il ricavato l’associazione acquisterà tutto ciò che serve per garantire l’istruzione scolastica dei bimbi di questa città: quaderni, libri, divise, zaini, mensa, ecc. Questa mia decisione è nata dopo avere visitato il Madagascar, un Paese bellissimo ma molto povero. Due bambini malgasci su tre non hanno l’accesso all’istruzione scolastica, e questo per un Paese in cui oltre la metà della popolazione ha meno di 18 anni, è un grande problema. Spero davvero di riuscire a dare il mio modesto contributo a chi, come i volontari dell’associazione, dedica tempo, denaro ed energie a combattere tutti i giorni questo problema. Per farlo però ho bisogno dell’aiuto di tutti. Con 100 libri venduti riusciremo a mandare a scuola un bimbo per un anno, con 2.000 libri riempiamo una classe intera. A noi costa poco, ai bimbi del Madagascar arriva molto!
Grazie ancora a te e a tutte le persone che, acquistando il mio libro, mi aiuteranno a raggiungere questo obiettivo.

Grazie per avermi fatto compagnia nel mio salotto. Voglio ricordare a tutti la bellissima iniziativa di Massimo alla quale io stessa parteciperò acquistando una copia di Quando guardo verso Ovest. La prossima la compro di carta, così avrò anche la dedica dell’autore.
Arrivederci alla prossima chiacchierata!

Quando guardo verso Ovest

Come fai a non sentire risuonare le note di Hotel California o a canticchiare Wish you where here mentre leggi Quando guardo verso Ovest?

Oppure ti incanti sulle parole di Nothing else matters, non la canzone, ma il racconto di Massimo Lazzari contenuto in Quando guardo verso Ovest. Nasce con note leggere, come il bellissimo brano dei Metallica, e poi esplode dentro.

Quando arrivi a Angie, sei già a un buon punto verso la commozione profonda. Con la voce graffiante di Mick Jagger che risuona dentro l’anima e le parole di Quando guardo verso Ovest che ti riportano nella vita vera.

Se non fosse chiaro a questo punto, Quando guardo verso Ovest è una raccolta di racconti, ognuno legato ad una canzone rock di qualche anno fa. Ogni racconto è una storia a sé e racconta un pezzo di vita o è legato ad un sentimento o desidera in qualche modo scuotere l’animo del lettore.

Credo fosse questa l’intenzione dell’autore, riportare a galla quella parte vera di vita che a volte proviamo a celare, a ricoprire di nullità per evitare di trovarci a contatto con emozioni che fanno male.

Ognuno di noi ha il suo Ovest. Prima o poi, nel corso della vita ne sentirà il richiamo. E allora dovrà fare una scelta: iniziare a camminare, oppure restare a coltivare il campo per il resto della vita. Se parte, sa per certo che non potrà cambiare idea dopo qualche giorno e tornare indietro.

Parole che scuotono, che ci sbattono in faccia le nostre scelte di tutti i giorni.

Ho letto Quando guardo verso Ovest con una strana sensazione dentro, un’inquietudine narrativa che non riuscivo a decifrare fino a quando l’occhio non è caduto sul mio comodino. L’illuminazione!

Ma certo! La scrittura asciutta, in apparenza distaccata, un occhio di bue sulla scena, una cronaca senza troppi dettagli o particolari, un finale che lascia spesso con il fiato sospeso e la palla in mano al lettore…

Quando guardo verso Ovest di Massimo Lazzari mi ha ricordato Carver!

Leggetelo, merita davvero!

Quando guardo verso Ovest è un’antologia di racconti pubblicata nella collana Officina Marziani di Antonio Tombolini Editore.

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