Tranne il colore degli occhi

Tranne il colore degli occhi

Ho aspettato che fosse ufficiale per parlare di Tranne il colore degli occhi, anche se i miei amici più intimi ormai lo sanno da diversi mesi.

In effetti l’ho annunciato fra le righe, ho nascosto la notizia in alcuni post, cercando di solleticare la curiosità, senza spendere troppe parole troppo presto.

Per il momento non aggiungo altro, avrò modo, con articoli successivi, di raccontare qualcosa di più sulla storia, i personaggi, com’è nata l’idea ed anche alcune curiosità.

Intanto anticipo la trama:

Primavera 1950. A San Felice Maggiore, un piccolo paese nel cuore del Matese, nascono, a tre mesi di distanza l’una dall’altra, due bambine: Michela, orfana di madre, è riservata, taciturna, solitaria; Annamaria invece è il sole, amichevole con tutti e piena di vita. Due donne completamente diverse unite da un legame indissolubile che ha origine con la loro nascita. Michela ed Annamaria diventano grandi insieme, condividendo ogni momento importante dell’età dell’adolescenza, dai giochi ai rapporti con i ragazzi. Fino al giorno in cui Michela sparisce nel nulla.
Cosa le è successo? Dov’è finita? È ancora viva? Annamaria la cerca inutilmente ma anche Diana, la vecchia che vive nel bosco, si rifiuta di dirle la verità.
In un paese in cui tutti sanno tutto, dove le case ascoltano e gli alberi osservano, com’è possibile che nessuno sappia nulla?

Tranne il colore degli occhi è il mio primo romanzo e, come avrete capito, uscirà a brevissimo. Seguite la mia pagina Autore e la pagina di Amaranta per ulteriori aggiornamenti.

Caro Avvocato Guerrieri…

Caro Avvocato Guerrieri,

forse non si inizia una lettera indirizzata ad un avvocato, chiamandolo “caro”. Forse non è appropriato, o meglio, non è rispettoso. Poi penso a quello che sto per fare, alzo le spalle, e vado avanti.

Ieri sera, anzi, questa mattina molto presto, ho terminato la lettura del tuo Testimone inconsapevole; una storia, permettimi, come tante altre, un omicidio, un uomo accusato e tu che lo difendi. Ci sono delle prove, alcuni testimoni, di cui uno fondamentale, ci sono elementi che schiacciano l’accusato verso la sorte che merita (se davvero è il colpevole) ma tu non ci credi. O meglio, qualcosa in te ti costringe a guardare i fatti con altri occhi, diversi, occhi che non credono a ciò che vedono.

Parti sempre abbastanza sfiduciato, non è chiaro se ne hai voglia oppure no. Non ne fai neanche una questione di soldi. Non sono importanti per te. Altre sono le cose che contano. Ma non i soldi.

Difendi senza presentare un preventivo. Vai in corte d’Assise, quando ogni prova dimostra che è un errore, contro ogni aspettativa, senza speranza di vittoria, a favore di un cliente che non ti potrà pagare. E allora al diavolo il denaro, quello che conta è riuscire a salvare una vita innocente, la vita di un uomo che attende solo una condanna all’ergastolo. È in questo che credi, no?

È una storia prevedibile, con una trama che si snoda tranquilla, dove le tue indagini si intersecano a momenti di vita personale: la separazione da Sara, l’incontro con Margherita, la tua ricerca di te stesso, all’interno di te stesso. Hai lasciato una traccia, alla fine del romanzo, alcune frasi bellissime che mi hanno colpito in modo particolare, forse perché rispecchiano quello che ho dentro l’anima, ora.

Mi era sempre piaciuto il maestrale estivo perché spazzava via l’aria, cacciava l’afa e faceva sentire più liberi. Mi parve giusto che arrivasse proprio quella mattina.
Pensai ai conti che si chiudono e alle cose che cominciano. Pensai che avevo paura ma che, per la prima volta, non volevo sfuggirla o nasconderla, quella paura. E mi sembrava una cosa tremenda, e bellissima.

E poi devo proprio dirlo, scrivi davvero bene, avvocato Guerrieri!

Il nome della rosa

 

 

Lascia parlare il tuo cuore, interroga i volti, non ascoltare le lingue.

 

(Umberto Eco)

A scuola di disegno

Una cosa che mai avrei immaginato nel mio futuro è che un giorno mi sarei destreggiata con il disegno.

Ecco, no, non è proprio così!

Se c’è una cosa che è bene risparmiare ai miei amici, è proprio questa. Ma l’argomento è interessante e vale la pena parlarne.

Non sono mai stata amante delle arti figurative, dei quadri, delle immagini in genere. So che mi perdo un mondo di meraviglie, ma non posso farci nulla se, guardando un quadro, non riesco ad emozionarmi come davanti ad una pagina piena di lettere. Sono le parole le immagini che amo di più.

Ma torniamo a noi.

Cosa c’entra il disegno con la scrittura.

Forse molti non sanno che scrivere non è solo scrivere. E’ ascolto, osservazione, ricerca, indagine, annotazione. Prima di iniziare a scrivere occorre studiare, e tanto, soprattutto se non si conosce bene il tema di cui si vuole parlare (ho già trattato questo argomento).

Esistono vari metodi per raccogliere informazioni e prendere appunti. Negli anni ne ho sperimentati parecchi. Ci sono strumenti che aiutano, metodi da seguire scrupolosamente, libri che insegnano tecniche, scrittori che danno consigli e chi più ne ha più ne metta.

Ogni cosa aiuta, l’importante è, per ognuno, trovare il suo giusto metodo.

Uno dei miei, è il disegno. L’ho rubato al mio maestro!!

Con gli anni, l’età e l’esperienza ho capito che non esiste forma di scrittura e di apprendimento più potente dell’immagine. Un’immagine contiene tutto: la fisionomia di una persona, la descrizione di un luogo, la cartina di una città oppure i dettagli di una chiesa. Le immagini ci rivelano informazioni necessarie. Un quadro ad esempio può fornirci immediatezza nel reperimento immediato di quei dettagli che saranno necessari alla nostra scrittura.

Immagini come base di studio ma anche immagini come strumento di memorizzazione. Lo sanno bene gli studenti: anziché prendere appunti scrivendo pagina e pagine di nozioni, è preferibile usare gli schemi, i diagrammi, i disegni. E’ più veloce e resta più impresso nella memoria.

Non importa quanto siano brutti o deformi, l’importante è che assolvano al loro compito. Aiutare lo scrittore a velocizzare il reperimento delle informazioni e a memorizzarle.

Ve li risparmio, ovviamente, i miei disegni sono proprio brutti.
Un po’ come quei biscotti che sulla confezione recano la scritta: brutti ma buoni. Provate!

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